Derivabilità direzionale e differenziabilità di funzioni a due variabili

Ho un esercizio in cui mi si chiede di studiare la derivabilità direzionale e la differenziabilità di una funzione di due variabili in cui è presente una funzione irrazionale. Purtroppo non so come affrontare l'esercizio, potreste darmi una mano?

f(x,y) = y^2 [3]√(x^2 y^2 (1−y)))

Studiare la derivabilità direzionale di f(x,y) e la sua differenziabilità nel punto (0,1).

Domanda di gianluca.1992
Soluzione

L'esercizio in effetti non è così banale, studiare la derivabilità direzionale e la differenziabilità di una funzione di due variabili può generare più di qualche perplessità, soprattutto quando sono presenti funzioni irrazionali (o detto terra terra funzioni in cui sono presenti dei radicali).

Perché questo? In una sola variabile, le funzioni con radici presentano problemi di derivabilità nei punti del dominio in cui il radicando è nullo, anzi per essere più precisi, tali punti si candidano come punti di non derivabilità. In più variabili, le funzioni irrazionali ereditano questa "brutta" caratteristica, è nel loro DNA, insomma.

Dopo questo piccolo preambolo dedichiamoci all'esercizio, iniziando con lo studio della derivabilità direzionale mediante la definizione stessa di derivata direzionale.

Consideriamo un vettore v = (v_1, v_2) con norma unitaria ossia tale che

||v|| = √(v_1^2+v_2^2) = 1

sappiamo che la funzione f(x,y) è derivabile nel punto (x_0, y_0) = (0, 1) nella direzione data da v se e solo se esiste finito il seguente limite

 (partial f)/(partial v)(1, 0) = lim_(t → 0)(f(x_0+t·v_1, y_0+t·v_2)−f(x_0, y_0))/(t) = lim_(t → 0)(f(t·v_1,1+t·v_2)−f(0,1))/(t)

Nel caso in esame

f(t·v_1, 1+t·v_2) = (1+t·v_2)^2[3]√(−t^3·v_1^2·v_2·(1+t·v_2)^2) =

e vedendo la radice cubica come una potenza con esponente fratto, possiamo scrivere quanto segue

= −(1+t·v_2)^2·t·v_1^((2)/(3))·v_2^((2)/(3))·(1+t·v_2)^((2)/(3)) =

ed ancora per le proprietà delle potenze 

= −t·v_1^((2)/(3))·v_2^((1)/(3))(1+t·v_2)^((8)/(3))

pertanto il limite che definisce la derivata direzionale è

(partial f)/(partial v)(0,1) = lim_(t → 0)(−t·v_1^((2)/(3))·v_2^((1)/(3))(1+t·v_2)^((8)/(3)))/(t) =

Semplifichiamo t e risolviamo il limite

= lim_(t → 0)−v_1^((2)/(3))·v_2^((1)/(3))(1+t·v_2)^((8)/(3)) = −v_1^((2)/(3))·v_2^((1)/(3))

In definitiva, poiché il limite esiste, f(x,y) è derivabile in ogni direzione nel punto (0,1).

Osservazione: il concetto di derivata direzionale generalizza quello di derivata parziale, o detto in altri termini se la direzione è data dal versore v = (v_1, v_2) = (1, 0) allora la derivata direzionale coincide con la derivata parziale rispetto ad x

(partial f)/(partialv)(0,1) = f_(x)(0,1) = 0

mentre se la direzione è data dal versore v = (v_1,v_2) = (0,1) allora la derivata direzionale coincide con la derivata parziale rispetto ad y

(partial f)/(partialv)(0,1) = f_(y)(0,1) = 0

Questa osservazione è fondamentale perché ci tornerà utile a breve.

Studio della differenziabilità della funzione

Lo studio della differenziabilità della funzione f(x,y) in questione nel punto (x_0, y_0) = (0,1) avviene mediante il calcolo del seguente limite di due variabili

lim_((h, k) → (0,0))(f(0+h, 1+k)−f(0, 1)−f_(x)(0,1) h−f_(y)(0,1)k)/(√(h^2+k^2))

La differenziabilità di f(x,y) è assicurata dal fatto che il limite appena scritto è uguale a 0. Nel nostro caso:

 f(0+h, 1+k) = f(h, 1+k) = −h^((2)/(3))k^((1)/(3))(1+k)^((8)/(3)) ; f(0,1) = 0 ; f_(x)(0,1) = 0 e f_(y)(0,1) = 0

e dunque il limite diventa

lim_((h,k) → (0,0))(−h^((2)/(3))k^((1)/(3))(1+k)^((8)/(3)))/(√(h^2+k^2))

Esso però è un limite che non esiste, e per dimostrarlo possiamo considerare la direzione dettata dalla condizione h = k:

 lim_(h → 0)(−h^((2)/(3))·h^((1)/(3))(1+h)^((8)/(3)))/(√(2 h^2)) = lim_(h → 0)(−h (1+h)^((8)/(3)))/(√(2)|h|)

dove nell'ultimo passaggio abbiamo fatto uso della relazione √(h^2) = |h|. Il valore assoluto crea dei problemi nel limite: calcoliamo il limite destro e il limite sinistro

lim_(h → 0^(+))(−h(1+h)^((8)/(3)))/(√(2)|h|) =

poiché h → 0 per valori più grandi di 0 si ha che |h| = h e il limite diventa

 = lim_(h → 0^(+))(−h(1+h)^((8)/(3)))/(√(2)h) = lim_(h → 0^(+))−((1+h)^((8)/(3)))/(√(2)) = −(1)/(√(2))

mentre il limite sinistro è

lim_(h → 0^(−))(−h(1+h)^((8)/(3)))/(√(2)|h|) =

questa volta h → 0 per valori più piccoli di 0, conseguentemente |h| = −h e il limite diventa

= lim_(h → 0^(−))(−h(1+h)^((8)/(3)))/(√(2)(−h)) = (1)/(√(2))

Poiché il limite destro e il limite sinistro sono finiti ma diversi allora il limite bilatero non esiste.

In definitiva, il limite che definisce la differenziabilità della funzione non esiste e dunque f(x,y) non è differenziabile nel punto (0,1).

L'esercizio è concluso.

Risposta di: Redazione di YouMath (Salvatore Zungri - Ifrit)
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